Questo atelier è un pezzo di storia della moda, dello stile e della città. Basta ascoltare i racconti di Giusy Bresciani per ritrovarsi proiettati in un passato milanese operoso in cui, erano i primi del Novecento, le donne di famiglia si tramandavano i saperi tra loro ed erano imprenditrici di se stesse. Donne che, con grande spirito di indipendenza dagli uomini che si occupavano rigorosamente di altro, hanno accompagnato tutte le evoluzioni del costume e della società occupandosi principalmente della creazione di cappelli di altissima qualità: «Mia mamma è mancata che avevo 18 anni» spiega Giusy, la signora dello stile «ed è toccato a me andare avanti perché mia sorella maggiore non era interessata. Per fortuna ero già andata a Parigi con la mamma che mi portava alle sfilate e all’uscita mi sedeva su una panchina e mi diceva: adesso mi racconti quello che hai visto».
Un’attività tutta al femminile
Una figlia d’arte, non c’è che dire, che però ha dovuto sudare come e più delle sue “lavoranti”, come ancora le chiama con affetto: «Ho fatto una gavetta pazzesca che adesso le ragazze non possono nemmeno immaginare. Certo, mi trattavano benissimo, ero “la padroncina”, come si usava all’epoca. Ma se l’Annetta, che io ho adorato, da una parte mi diceva: “diventerai brava come la tua mamma”, dall’altra se vedeva che non mi accorgevo di un difetto mi faceva il pelo e il contropelo» e aggiunge, forse con una punta di rimpianto: «La cosa più bella della nostra storia è stata questa sorta di “padronanza femminile” che era rispettata moltissimo. A me dispiace un po’ sentir parlare delle quote rosa perché in certi ambienti noi donne siamo sempre state fortissime».
Oggi, quello stesso atelier dei primi del Novecento prosegue sullo stesso binario di allora, ma con qualche aggiustamento: «Negli anni bui del cappello mi sono buttata sull’abbigliamento: dai paltò agli abiti da sposa», spiega Giusy «ma il mondo dei cappelli resta la mia passione: in testa ho sempre messo qualcosa a qualcuno».
Da status symbol a necessità
E qui un flashback di storia della moda non guasta: «Ho iniziato che il cappello era abbinato ai guanti ed era uno status symbol: la signora chic doveva avere prima di tutto un bel cappello un bel paio di guanti. Poi veniva il resto. Oggi il cappello è scelto per camuffarsi, per stupire o per divertirsi, altrimenti è funzionale». E a quest’ultima categoria appartengono anche i modelli studiati su misura per le donne che devono affrontare le cure chemioterapiche, alle quali Giusy dedica tutto il tempo necessario: «Cerco di aiutarle a trovare un po’ di serenità», spiega senza esitazione.
Appassionata e combattiva, Giusy Bresciani racconta di aver più volte tentato nuove strade in tutti questi anni, cambiando anche l’indirizzo del suo atelier: «Sono stata 35 anni in via Gerolamo Morone, piazza Belgiojoso, poi ho voluto tornare su strada per occuparmi anche di commercio, molto più facile. Mi sono spostata in via del Carmine per quasi 10 anni, ma alla fine, facendo i conti anche con un affitto altissimo, è stato meglio tornare artigiana: così si vende ciò che si produce. Anche se, in realtà, un po’ dispiace: sono dei passi indietro».
L’arte milanese del “su misura”
Il punto di forza dell’Atelier Giusy Bresciani? «Qui è tutto fatto su misura e si può trovare anche una piccolissima collezione di abbigliamento (capispalla, pantaloni, abiti) che curo personalmente. Ho poi degli evergreen: la camicia bianca che, secondo me, è fondamentale, adesso va di moda, ma qui la trovi sempre», precisa Giusy che è, prima di tutto, una consulente, e aggiunge: «Ho delle clienti inglesi che vengono da me apposta per scegliere il cappello da indossare ad Ascot. La milanese vera, invece, è più difficile che osi, anche se l’ippica a San Siro sta tornando di moda, come ai tempi della mia mamma che andava sempre con cappelli bellissimi».
Ad aiutarla, una nuova generazione di “lavoranti” che non è facile formare: «Le ventenni, purtroppo, dopo due tre mesi, rispetto a quello che fanno, costano troppo, non te le puoi permettere. Devono avere voglia, essere curiose, non devono guardare l’ora…»
Trasmettere il valore della bellezza
La clientela, qui, non ha età: «Ho la fortuna di avere molta fantasia e non ho nessuna difficoltà a consigliare una donna di 60 anni come una ragazza. Certo, mentre la signora apprezza la qualità, la ragazza è meno interessata ai materiali e alla cura del dettaglio. Tra le due trovo ci sia una generazione che si è dimenticata di trasmettere l’amore per la bellezza e la qualità ai figli».
Per questo, Giusy, se dovesse scegliere un messaggio da fare arrivare alle istituzione direbbe: «Il bello e il saper fare hanno bisogno di tempo e di aiuto» e conclude: «Penso che una certa forma di artigianato andrà persa, ma credo anche che certe cose vadano assolutamente salvate». Concordiamo.
Per saperne di più: giusybresciani.it
Manuela Florio
Per la Milano Design Week 2019 Giusy Bresciani espone nel suo atelier la mostra Sculture in testa, nella contemporaneità della moda e, con Barbieria Santa Marta, presenta The Style Closet, in via Santa Marta 5, nel cuore delle 5Vie, con inaugurazione il 10 aprile, dalle 19 in poi