Daniela De Marchi non è una donna, è un vulcano che ribolle. Di idee, di entusiasmo e di parole. Basta incontrarla nel suo atelier di gioielli, dove si aggira come una regina, per capire che seguire il suo istinto è stata la sua fortuna. Che cos’ha di diverso da tutti gli altri? Semplice, spiega: «Io mi considero la sarta del gioiello, un’artigiana a tutti gli effetti. L’artista esprime se stesso, io invece amo far emergere il meglio delle mie clienti».
Il bello di crederci
Una filosofia che si è rivelata vincente, visto che nel 2001, quando tutto è iniziato, Daniela dormiva nel suo piccolo laboratorio (sempre in via dei Piatti, nello storico quartiere orafo della città) per poter pagare l’affitto: «Ho iniziato a lavorare con l’argento, il bronzo e l’ottone perché hanno un peso specifico inferiore all’oro, ho scelto di usarli perché mi consentivano un volume particolare. Ma non avevo una lira: ci ho semplicemente creduto», spiega. Al punto che oggi DDM ha 10 dipendenti e, dal 2014, anche un piccolo atelier in via Pontaccio 2: «Il mio segreto? Credo sia solo la passione. Siamo qua in questo bello spazio perché 13 anni fa sono stata contattata da un buyer giapponese che mi ha invitata ad andare a Parigi a presentare la mia collezione. Non avevo i soldi neanche per piangere, ma l’amica che mi faceva da assistente ha insistito e siamo andate in rue Saint Honoré dove ci hanno accolte tre belle signore giapponesi che hanno comprato ben 30 pezzi. Io ero al settimo cielo, le ho abbracciate (anche se non era il caso) e loro mi hanno risposto: “These are the samples”, questi sono i campioni. Dopo un mese e mezzo mi è arrivato un ordine da 5mila pezzi che poi sono diventati 10mila. Questo è stato il mio polmone. Grazie a loro sono potuta crescere e ho avuto fiducia in me stessa e nel mio progetto».
Il gioiello sartoriale
Un progetto che, spiega Daniela in modo molto chiaro, ha tre caratteristiche: «È fatto a mano, è caratterizzato dal dropage, le bollicine in superficie, e sperimenta un mix tra smalti e pietre sempre diverso». E aggiunge: « Il nostro leitmotiv recita: gioielli per essere, per giocare, per sognare. Qui facciamo un prodotto altamente su misura. Come in una sartoria dove trovi il cartamodello e poi ti fanno scegliere il tessuto, il colore e ti prendono le misure, così si fa da noi: tu entri e io ti propongo un modello che, secondo me, va bene per te. Poi ti suggerisco il colore giusto, adattabile alla tua anima. Per me questo sei tu e se lo indossi è un pezzo di te. Ma puoi anche giocare a sentirti diversa. Noi ti aiutiamo a capire come».
Un approccio diverso che è stato compreso più dalle clienti che dai gioiellieri: «Ho iniziato ad avere un buon riscontro dalle persone che quando indossavano i miei gioielli si sentivano bene e ricevevano complimenti. Il mio sogno è aiutare le donne a esprimere meglio il proprio carattere. Per questo mi sento profondamente artigiana: ogni oggetto viene studiato, assemblato e realizzato qua dentro».
Un concept nato dalla domanda
E se tutto questo può sembrare una strategia di vendita, Daniela precisa subito: « Sono anni che sto mettendo a punto il mio gioiello per vestire le mie clienti. È un concept che si è generato dal prodotto, non il contrario».
Se poi si parla delle difficoltà di essere artigiano, Daniela ha un punto di vista tutto suo: «Credo che l’artigiano oggi sia più apprezzato che in passato, ma resta sempre un mondo magico e per me è fondamentale continuare a produrre su necessità. Non devo vendere per forza»
E sull’ipotesi di avere collaborazioni con altri artigiani, Daniela, anticipa una nuova intuizione: «Ho un progetto attorno al fatto su misura, che mi piacerebbe realizzare con altri colleghi artigiani». Ma non ha nulla da chiedere alle istituzioni: «Preferisco cavarmela da sola». E continuare a captare i segnali: «Io seguo quello che i miei gioielli mi dicono, seguo quello che le mie clienti mi fanno capire e cerco di interpretarlo nel modo migliore. DDM, insomma, non è solo merito mio…».
Manuela Florio
Per saperne di più: danielademarchi.it